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Giancarlo Berni, il maestro del pronto soccorso

Giancarlo Berni, il maestro del pronto soccorso

A cura del Dott. Giacomo Trallori

Giancarlo Berni è stato una figura centrale della sanità toscana; ha intrapreso un profondo rinnovamento strutturale proprio del dipartimento di emergenza- urgenza dell’Ospedale di Careggi, da lui diretto fino al 2006. Nasce a Firenze il 14 ottobre 1936; sposa Piera Biricolti il 25 giugno 1962 e diviene padre di 3 figli, Luca, Antonio e Maria Chiara. Fino al 1971 si divide fra il ruolo di Medico di medicina generale, affiancando il dottor Giuseppe Nesi ed il lavoro di assistente Ospedaliero alla Clinica Medica dell’Università di Firenze. Qua conosce il Prof. Antonio Morettini a cui sarà legato da profondo rispetto ed amicizia. Si specializza in Medicina Interna, Cardiologia e Reumatologia, Ematologia e Gastroenterologia, Nefrologia e Malattie Infettive. Dal 1971 al 1980 ricopre il ruolo di aiuto nella divisione di medicina interna dell’Ospedale di Santa Maria Nuova in Careggi, diretta dal Prof. Vieri Vannucci.

Nel 1980 vince il concorso per primario della Divisione della Medicina Interna di Santa Maria Nuova, ruolo che ricoprirà fino al 1988. Dal 1988 fino al 31 ottobre del 2006, anno del suo pensionamento è direttore della Medicina Interna e del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Careggi di Firenze. Negli anni lavorativi da lui vissuti a Careggi si arricchisce la schiera degli allievi Internisti e Medici d’urgenza. Il Pronto soccorso di Careggi diventa il banco di prova di nuovi modelli organizzativi che poi saranno esportati in altre realtà. Numerosi allievi della scuola del Prof. Berni (detti affettuosamente “i ragazzi del Berni”) ricopriranno successivamente il ruolo di Primari delle medicine interne e del pronto soccorso di vari ospedali toscani mantenendo viva la tradizione dei suoi insegnamenti clinici, metodologici e umani. Ha inoltre ricoperto molti incarichi: consigliere dell’Ordine dei Medici, docente nella Scuola di Specializzazione in Medicina Interna dell’Università di Firenze; membro del Consiglio Sanitario Regionale Toscano e del Consiglio di Amministrazione dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze; infine responsabile dell’Osservatorio permanente della Regione Toscana della Medicina di emergenza – urgenza. Per oltre 20 anni ha rappresentato la colonna portante dei medici ospedalieri nell’antica sfida fra la parte accademica e quella sanitaria dell’azienda Mista, sostenitore della paritetica importanza del ruolo del medico ospedaliero con quello del medico universitario.

Ha fatto tante battaglie per modificare gli assetti legislativi che vincolano i rapporti fra Sistema Sanitario Nazionale e Università. Paladino numero uno perché la figura del medico ospedaliero non fosse penalizzante per il ruolo e le aspettative di carriera rispetto a quella dei medici universitari. Giancarlo Berni è stato certamente un ottimo medico, non solo sul piano della preparazione professionale, ma anche su quello del rigore scientifico con cui affrontava i problemi clinici e del buon senso quando si trattava di stabilire un programma di cure. Il buon senso è una virtù senza la quale il rigore scientifico rischia di sconfinare nell’accanimento terapeutico.

La testimonianza di uno dei suoi allievi di maggior talento, Stefano Grifoni, attuale Direttore del DEA e medicina e chirurgia generale e di urgenza di Careggi. “Io e il prof. Berni ci siamo incontrati nell’ottobre del 1980 a Santa Maria Nuova dove il professore dirigeva il reparto di Medicina Interna e qui svolgeva la sua attività anche nella cosiddetta “astanteria”. Forse molti di voi ricorderanno quei tempi quando i medici erano normalmente impegnati all’interno dei reparti e poi, a turno, dovevano “coprire” il servizio di emergenza. L’ambiente dedicato al Pronto Soccorso era costituito di solito da uno spazio piccolo, spesso niente più che un corridoio ingombro di barelle, collocato immediatamente all’ingresso dell’Ospedale: accanto al Pronto Soccorso c’erano le Astanterie, dove sostavano i malati in attesa di essere indirizzati nei reparti.”

Grazie alla loro capacità organizzativa “i ragazzi del Berni”, sotto la supervisione e la caparbia volontà del Professore, sono riusciti da una angusta Accettazione, come solo atto amministrativo, supervisionata dal medico a trasformare quegli spazi e a estenderli a locali grandi e spaziosi degni di un Pronto Soccorso aperti 24 ore al giorno per decidere se il paziente dovesse essere ricoverato o non ricoverato. Il medico in queste strutture ha cominciato ad operare quindi attraverso la funzione di filtro garantendo l’appropriatezza del ricovero e quindi l’intensità di cure. Da una funzione di ricovero diretta dei pazienti critici verso le aeree specialistiche di cure intensive oggi nel Pronto Soccorso sono nate le Emergency Room destinate ad una diagnostica di alto livello e stabilizzazione del paziente anche con ricorso a procedure invasive.

Ancora le parole di Stefano Grifoni: “Col prof. Berni facemmo inserire nel 2000 all’interno delle strutture di emergenza le radiologie utili per velocizzare il percorso del paziente e oggi l’ecografia e la formazione ecografica di tutte le parti del corpo è nel bagaglio del medico di emergenza. E poi l’idea della formazione dei giovani medici che doveva trovare in Italia non una frammentazione di insegnamenti ma solo un corso di specializzazione, quello della Medicina d’Urgenza certificato da una scuola, quella della Harvard che da anni operava in America in questo settore.”

Un altro allievo Carlo Nozzoli, lo ricorda così: “Un altro insegnamento del mio maestro: ascoltare le persone, le loro storie. E considerare il disagio del paziente che viene a trovarsi in una situazione non attesa, non consueta, disteso su un letto in mezzo ad altre persone che non conosce. Il prof. Berni riusciva a compiere il miracolo dell’esistenza che si materializza attraverso la sofferenza. Una sofferenza condivisa tra medico e paziente durante tutti gli attimi che vanno dalla diagnosi alla terapia. Mi piace ricordare con voi come quest’uomo sapeva gestire il dolore e la paura dei pazienti con pochi strumenti: l’attenzione, la gentilezza, talvolta una carezza, la simpatia strumenti poco costosi ma preziosissimi.”

Cesare Francois, altro allievo del Professore Berni ci racconta:” Tra i tanti insegnamenti ricevuti dal Professore per me è stato basilare il concetto di non perdere mai tempo: al momento in cui si pensa di aver inquadrato il problema clinico, va fatto un piano diagnostico mirato e subito vanno eseguiti gli esami ritenuti fondamentali. Non era corretto redigere una richiesta di una diagnostica importante ed aspettare che procedesse per le vie usuali, bisognava portarla prima possibile personalmente ed al consulente che veniva ritenuto di maggior capacità.
Anche le risposte non si dovevano aspettare ma andavano procurate, ricercate, rincorse e non ci si doveva mai accontentare della risposta orale perché, non di rado, quella scritta poteva risultare diversa.” Ancora un aneddoto di Cesare Francois: “Una volta glielo chiesi perché leggesse ad alta voce i referti degli esami e soprattutto le risposte della diagnostica strumentale, glielo chiesi perché non faceva nulla a caso e un motivo doveva esserci e infatti mi spiegò che gli era utile per concentrarsi su quanto leggeva e che altrimenti la lettura rischiava di essere superficiale e qualcosa sarebbe potuto sfuggire e aggiunse: “prova, vedrai che mi darai ragione”.

Ovvio che fu così e da allora è diventata anche per me un’abitudine quella di leggere i referti a voce alta. Io ho conosciuto il Prof. Berni durante il periodo di tirocinio nel 1981, al Pronto Soccorso di Santa Maria Nuova e poi negli anni a venire ho mantenuto sempre un ottimo rapporto. Ero diventato uno dei suoi riferimenti nella Endoscopia Digestiva e mi telefonava personalmente per dirmi i motivi per cui richiedeva l’esame endoscopico. Spesso diceva a tutti noi che lo ascoltavamo: “La curiosità è la qualità più importante per essere un medico.” Quante volte ho sentito usare questa espressione e quante volte me l’ha sussurrata per indicare un difetto di qualche collega. Ma forse lo diceva per me, che curioso lo sono certamente quanto lui. Riascoltando la sua voce nella mia memoria capisco, dopo tanti anni, che le sue parole erano un invito per me a far meglio a non demordere e raggiungere l’obiettivo. Anche in politica era un uomo saggio e di sinistra. Non aveva fatto la politica attiva ma nella materia medica aveva grandi conoscenze e a volte si rammaricava della lentezza della macchina politica. Sapendo del mio amore per la politica spesso scambiavamo i pareri sulle vicende generali della politica.
Una cosa ribadiva sempre in tutte le occasioni.

Non dobbiamo abbassare la guardia per la salute pubblica dei cittadini e si arrabbiava quando vedeva sottrarre fondi alle iniziative della sanità pubblica. Chissà come si sarebbe attivato in questo periodo di pandemia del COVID 19. È nata dopo la sua morte l’Associazione “Allievi e amici del Prof. Giancarlo Berni ONLUS” costituita da un gruppo di persone, professionisti della sanità e laici. I promotori sono stati i suoi allievi e i familiari del Professore, svolge la propria attività con lo scopo di ricordare e tramandare gli insegnamenti ricevuti dal Prof. Giancarlo Berni e di diffondere la metodologia clinica e la dedizione alle professioni sanitarie.
Caro Professore noi continuiamo a pensarlo ea ricordarlo!!

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